mercoledì 22 agosto 2012

Ritorno a Perugia

di Laura Bortoloni

Ho abitato a Perugia dal 2005 al 2007. Di quei due anni mi ricordo gli aperitivi nel bar vicino allo studio prima della nottata di lavoro con i colleghi, un corso di taglio e cucito che, nonostante le mie scarse doti, mi ero intestardita a frequentare e di aver usato l'automobile molto più di quanto avrei desiderato.
Durante i primi mesi mi aggiravo con una piantina della città in tasca, ma ho scoperto ben presto a mie spese che due strade vicine sulla mappa possono in realtà essere separate da metri di dislivello. Visione zenitale, bye-bye.

A maggio di quest'anno mi ha chiamato Marco Tortoioli Ricci, per cui avevo lavorato negli anni perugini, e con cui ora collaboro in CoMoDo. Marco insegna Metodologia del progetto all'Isia Urbino, la mia università. Mi proponeva di essere tra i tutor di Happinessie, un workshop a cura di Isabella Inti (temporiuso.net e DiAP Politecnico di Milano) e sua, con 35 studenti selezionati da Isia Urbino e DiAP-Politecnico di Milano. I ragazzi avrebbero lavorato una settimana sul tema del riutilizzo temporaneo dello spazio e l'identità spontanea dei luoghi. In occasione di Festarch 2012, a Perugia.
In questi anni ho fatto qualche esperienza vicina a queste, lavorando con SpazioXY su Io abito qui e con Tumbo sul progetto Lovemaps. Quindi ho accettato ben volentieri.
In più mi sembrava divertente avere varcato la soglia (d'età? d'esperienza? di frustrazione?) oltre la quale si può diventare "tutor" di qualcun altro. Sarei stata capace? Avrei davvero dato una mano agli studenti? E, soprattutto, sarei riuscita a non contagiarli con la mia idiosincrasia verso Perugia?

Sono arrivata al workshop mercoledì 6 giugno. Tutto si svolgeva in centro storico a Perugia, nel Centro Camerale Alessi, surriscaldato dal lavoro di 35 cervelli e altrettanti portatili, le cui ventole producevano un cluster di ronzii percepibile e diffuso.
Quando dall'altra parte c'ero io, ad avere un portatile erano in 2 o 3 fortunati: i geek (parola che allora non andava di moda) che lo avevano nero, e quelli troppo fuori sede per portarsi a spasso un computer fisso – il loro era colorato, arancione o azzurro. Probabilmente avevo davvero raggiunto l'età in si può diventare tutor!

I ragazzi, suddivisi per gruppi, hanno lavorato su quattro assi: conoscere, ascoltare, arrivare, scoprire. Hanno mappato i luoghi in disuso di Perugia, 168 nel solo centro della città.
E ne hanno scelto uno, significativo per storia, funzione e posizione: il mercato coperto.
Il mercato coperto? Si, lo conoscevo anche io, più o meno sapevo dov'era. A volte mi era capitato di lasciare l'auto nel parcheggio al piano terra, e di venire sparata in ascensore all'ultimo piano e ritrovarmi a strizzare gli occhi per il sole violento all'uscita sulla piazza Matteotti. In effetti, per me il mercato coperto era poco più che l'involucro di un ascensore. Predicavo bene e razzolavo male.

Conoscere allora. Come? I ragazzi hanno studiato l'edificio, ricostruendone la storia presso archivi e biblioteche cittadine e producendo una time-line. Dalla costruzione nei primi anni trenta sostenuta dal regime fascista, che vi vedeva un baluardo della modernità, fino alle recenti polemiche tra l'amministrazione e le associazioni di categoria sulla possibile conversione dello stesso in centro commerciale.
Oggi il mercato coperto sopravvive in una condizione di disuso; molti degli spazi sono vuoti e i commercianti rimasti, che sono in alcuni caso anche produttori a km 0, vivono solo di una clientela fidelizzata che va mano a mano restringendosi.
Ascoltare? Ascoltare il mercato. Chi "lo fa", chi ci lavora. Le storie dei vari operatori, ma anche chi ci fa la spesa, chi ci passa, gli studenti dell'università, i turisti. I ragazzi hanno intervistato e raccolto voci e pareri, componendo un racconto corale del luogo.
Arrivare. Arrivarci. Dare dignità di luogo a un posto spesso invisibile, ignorato, segnalandone percorsi e accessi. I ragazzi lo hanno fatto installando postazioni segnaletiche temporanee, sorprendenti e inattese. Come una freccia creata con le cassette della frutta, o un percorso più virale di indicazioni fatte con il gesso a terra. Così che anche i distratti come me potessero beneficiare di un sistema di wayfinding.
Scoprire. E quindi far conoscere. Riusando anche in questo caso quanto esiste. Con i frammenti e il lessico del mercato stesso i ragazzi hanno creato un'identità visiva che racconta il "mercato s-coperto", lo "Scoperto mercato!". Cartoline, poster, shopper... Ma anche incontri, visite guidate, piccoli eventi, pranzi.

L'ho scoperto anche io, in quei giorni, il mercato. Livelli sovrapposti, strati di significato, storia e storie che stanno per essere mangiati dal niente, dal non uso, dall’assenza.
La cosa incredibile, ma non rara purtroppo, è che intorno a queste “bolle” delle nostre città scorrano veloci altri percorsi che ignorano questi vuoti, li isolano, li dimenticano nonostante li abbiano sotto lo sguardo costantemente. 

E il mio lavoro di tutor? Ho lavorato con Francesca, Viola, Silvia, Elena e Mattia, studenti Isia. Il loro gruppo aveva l'incarico di documentare tutto il progetto e realizzare una pubblicazione finale. Ho provato a dare loro una mano. Le fatiche loro e degli altri partecipanti hanno prodotto cinque fascicoli che raccontano tutto il lavoro. 
È stato entusiasmante guardare un progetto nascere e svilupparsi, e per una volta avere (beh, almeno provarci) un ruolo maieutico. Una bella sfida, restare in equilibrio tra osservare, suggerire, aiutare senza imporre, guidare o coprire.
Inoltre è stato sorprendente vedere 35 persone lavorare in gruppo, ciascuno con la propria voce ma tutti all'interno di un coro. In un processo fluido in cui ascolto e azione, riflessione e progetto, pensiero e concretizzazione si sono sovrapposti e integrati, riscrivendosi a vicenda. Non so se la mia generazione ne sarebbe stata capace.

Infine, lo ammetto, dopo questa settimana Perugia mi sta un po’ più simpatica. Naturalmente sono riuscita a perdermi un altro paio di volte per le sue strade, ma stavolta ho respirato aria di casa. Abitare un luogo mentre lo si conosce, e si pensa a come cambiarlo. Può darsi. Mi auguro che l'amministrazione sappia leggere il potenziale degli spazi messo in luce dagli studenti in quei giorni.

Laura Bortoloni
@laurabortoloni

Ringrazio gli altri tutor: 
Lucia, Giulia, Andrea, Pietro, Matteo, Gianpiero e Matteo e naturalmente Marco Tortoioli Ricci e Isabella Inti per la bella opportunità.

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Sul tema potete leggere:

Il post pubblicato su temporiuso

Gli articoli di Abitare
Happinessie Perugia: il mostro della felicità
Happinessie: la felicità è un mostro
L'abstract del progetto

La pubblicazione finale consegnata al Comune di Perugia



1 commento:

Anna ha detto...

Il gruppo a cui Laura ha fatto da tutor rientrava tra i 4 assi? Quale? oppure costituiva un quinto gruppo ausiliare?
grayie