venerdì 28 marzo 2014

A proposito di arte pubblica #1

L’arte e l’attivismo insieme possono fare molto. Possono comunicare dissidenza, diffondere nuove idee, ma sopratutto possono creare rete e collaborazione. Nuove forme di relazionarsi che vedono in particolari manifestazioni estetiche e nell’idea del cambiamento un modo alternativo di fare politica e di vivere lo spazio pubblico.Fuori dai musei, lontano dai riti impostati delle sedi istituzionali, l’arte entra in simbiosi con la vita di tutti i giorni. E non è necessario essere artisti per poter partecipare. Anche se il ruolo degli artisti rimane fondamentale come guida esperta ed occhio critico, ciascuno di noi può rendersi partecipe, trasformare, pensare e contribuire all’opera d’arte. Si può addirittura diventare parte integrante di un’opera. Parliamo di artivismo, ma sopratutto di arte pubblica, due forme differenti, che appartengono entrambe al mondo variegato del panorama artistico odierno.

Quando l’arte incontra la sfera pubblica, essendo questa articolata e complessa, diventa necessariamente espressione estetica di gestione delle relazioni, spesso conflittuali, già presenti in un contesto preciso nel quale si vuole agire.

L’opera sarà il risultato di una sinergia inestricabile di figure differenti, di creativi nel senso più ampio possibile, di istituzioni, di cittadini attenti, critici e volenterosi di partecipare. Tutti coordinati da una figura chiave: l’artista! Il centro della rete sinergica rimarrà in ogni caso la leadership dell’artista, regia delle azioni che si andranno a compiere, dovrà saper dirigere il suo sguardo verso una nuova forma di coautorialità della produzione artistica.

Le radici di queste manifestazioni risalgono agli anni 70 e 80, con i détournement situazionisti, che da allora hanno visto differenti manifestazioni fino al più attuale jamming culturale o addirittura all’arte in rete.

Come far sì che l’arte incontri lo spazio pubblico?

E’ fondamentale conoscere il territorio nel quale si vuole intervenire. Qui entra in gioco il processo di mappatura. Mappare significa compiere vere e proprie azioni di carotaggio, ricerca storica, di ispezioni visive e uditive di ciò che quello spazio può comunicare. Significa anche dialogare con le persone che vivono quel posto, entrare nella loro sfera personale per poter carpire il detto, ma anche il non detto. Più esteso e puntuale sarà questo lavoro preliminare di ricognizione, più attenta alle richieste e alle dinamiche già esistenti dalle persone del luogo sarà l’intervento artistico. Ovviamente tutto ciò richiede molto tempo. Lo spazio e il tempo saranno le variabili chiave di ogni operazione artistica. Chi agirà dovrà essere in grado di ribaltare l’ovvio, il conosciuto, il “sempre così è stato”. La rete che si verrà a creare dovrà essere capace di ricostruire la narrazione urbana del posto in cui vuole intervenire, per poterla rivedere e integrare di nuovi eventi.

I processi di arte partecipata permettono di porre maggiore attenzione ai luoghi che viviamo quotidianamente, ai nostri quartieri e alle nostre città. E’ in questi ambiti che l’artista e il gruppo di lavoro che si verrà a creare darà vita a un ridisegno dell’ambito urbano su piccola scala. Il fare diventa la finalità, tutti possono cooperare per gestire un conflitto, già esistente, più o meno acceso, o portare avanti uno scambio, un dialogo intergenerazionale, dare vita ad una riqualificazione. Si verrà così a creare una microcomunità temporanea, con varie figure attive, creative e non, tutte fondamentali nell’apportare e condividere conoscenze, necessarie per gestire in modo indipendente uno spazio pubblico.

Il risultato sarà prima di tutto conoscenza, cambiamento e arte pubblica. Sarà la constatazione che tutto si può fare, che lo spazio pubblico si può costruire in modo condiviso, tenendo conto delle opinioni di tutti, pubblicamente. Niente ci deve essere imposto, ogni cosa può essere negoziata, tra di noi cittadini, autoctoni e non, tra noi e le istituzioni. Arte pubblica è riprendersi gli spazi che ci circondano per renderli sì più interessanti, ma sopratutto più efficienti e vicini alla nostra espressione di spazio vivibile ogni giorno.

Serena

Il post è già stato pubblicato nel blog Social&Thinkers

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